Recensione breve: Dylan Dog – “Lassù Qualcuno Ci Chiama” di Tiziano Sclavi

“Pazzi! Avete dimenticato, avete perso la lingua madre!”

Storia e soggetto bellissimi. Un Dylan inedito per me, che ero abituato (e velocemente mi ero disabituato, mollandolo) alla versione moralista e puritana di Recchioni & co.
Qui siamo su ben altri livelli. L’ironia c’è ed è calzante, ricca: equilibrata e grottesca nel duo Dylan/Groucho; allucinante e fantasiosa nei sogni di Humbert. 

tavoled_2Dylan Dog non è una macchietta! E questa è la cosa che ho preferito. Se nei numeri letti in precedenza, mi aveva dato l’idea di un John Constantine italianizzato e impoverito, qui Dylan si riscopre come un personaggio a 360′, con una sua identità. E’ dark, è geniale e spesso e volentieri introverso, quasi fosse un Tim Burton indagatore dell’incubo.

Senza spendere troppe parole sul soggetto della storia (che ho amato, davvero tanto), che magari, per chi ha letto i primi episodi, non è nemmeno dei migliori, mi limito a dire che lo stile di scrittura di Sclavi è originale, citazionista (da Keanu Reeves a Umberto Eco; da Gandhi a E.T. di Spielberg!) e fluido. Ci si perde nelle sue filastrocche, canzoni celtiche e quant’altro. Un linguaggio poetico popolare, quasi fosse figlio di De Andrè.

Si cerca la lingua madre, si cerca una figlia scomparsa. Chi vuole credere, chi permetterà ai suoi occhi e alle sue orecchie di non venire ingannati, scoprirà che la soluzione dei casi risiede nella stessa risposta: L’anima, i ricordi, l’esperienza del singolo individuo eco2sono la voce originale, la lingua madre. Un marchio che rimbalza, una volta asceso ad un nuovo stato di esistenza, per tutto l’universo.

Grazie Sclavi. Grazie Dylan. A volte abbiamo bisogno di credere che lassù qualcuno ci chiama.

Recensione: “X-Men: Giorni di un Futuro Passato” di Bryan Singer

Da tempo si auspicava il ritorno di Bryan Singer nella saga dei mutanti, da lui stesso resa famosa nel 2000 con l’uscita di X-Men, primo fortunato capitolo della celebre saga Marvel. Sì, è vero, già tre anni fa ci era stato regalato quel gioiellino di X-Men: L’Inizio, partorito dalla mente di Matthew Vaughn, ma ciò in cui noi riponevamo speranza era proprio un ritorno di Singer alla regia per mettere mano (e, per quanto possibile, sistemare) alle Immaginecentinaia di storyline (passate, presenti, future) introdotte nei vari capitoli e spin off della saga. Potete quindi immaginare la sorpresa/emozione all’annuncio del ritorno di Bryan come regista di questo X-Men: Giorni di un Passato Futuro. Un putiferio di nerdgasmo e incontinenza diabetica!

Che Bryan Singer fosse l’uomo giusto per questa esperienza cinematografica lo sia era quindi già capito nel 2000 (e ancor più nel 2003 con X-Men 2), ma questo Giorni di un Futuro Passato non fa che alzare la posta in gioco e, in generale, il tiro che si vuole dare ai prossimi cinecomic FOX.

Il potere corale di questo film è altissimo e pienamente sviluppato. La squadra McAvoy, Jackman e Fassbender spacca di brutto! Al massimo della loro forma abbiamo: un Charles Xavier ringiovanito finalmente protagonista dello schermo (non fatevi ingannare dalle lacrime, qui di forza interpretativa ce n’è e parecchia), un Wolverine maturo con fighissime chiazze di capelli bianchi (!) e un Magneto veramente spietato, deciso nella sua missione, ma pur sempre fratello della perfetta alchimia con Xavier.

Riuscitissimi anche i personaggi di Mystica e Trask, interpreto dal bravissimo Peter Dinklage di Game of Thrones.

Si fanno balzi fra il passato e il futuro (e le realtà alternative!), si incontrano personaggi vecchi e nuovi e si riprendono alcune Immaginetematiche lasciate in sospeso con X-Men 2 (e purtroppo non sviluppate nel tragico sequel), tanto care a Singer: l’arroganza e lo strapotere delle forze militari annesse alla ricerca scientificail pregiudizio verso il diverso e la risposta sociale affidata ai governile difficoltà di integrazione e di informazione. Se mancava qualcosa ai primi due capitoli, qui si arriva alla chiusura del cerchio, attraverso un meccanismo che rispecchia l’organicità e la completezza della visione singeriana.

Un film epico, potente, dai toni maturi e coraggioso nella messa in scena. Si ride molto e ci si emoziona ancora di più (soprattutto nei confronti Xavier anziano/Xavier giovane; Xavier anziano/Magneto anziano). L’introduzione di Pietro/Quicksilver è riuscitissima e d’effetto (sarà dura per i Marvel Studios fare di meglio l’anno prossimo con The Avengers: Age of Ultron), come d’effetto sono le tantissime (ma non tropnew-x-men-days-of-future-past-image-reveals-magnetos-new-suit-148154-a-1383834670-470-75pe) scene d’azione.

Che cosa ci resta da fare ora? Rimanere seduti in sala e gustarci l’aroma di un film riuscito, un cinecomic quasi perfetto, che non ha paura di attingere a mani alte dal fumetto originale.
Resta da vedere cosa accadrà da qui in poi, ma le premesse sono esaltanti.
Chi è rimasto in sala ad assistere alla scena dopo i titoli di cosa sa di cosa sto parlando.