Non Siete Uomini di Dio!

 

Al tempo, al gioco della vita, tutto e tutti soccombono. Ciò che è stato fatto, ciò che è stato annunciato o censurato, ogni delicatezza o crimine commesso, trovano, nei loro ultimi istanti, una sorta di “addio paritario”. Gli epitaffi, le “scintille” o le “pulci nell’orecchio”…bé, quella è “roba” per i sopravvissuti, compito loro è di giudicarne e ricordarne i valori e la veridicità.

E così viene fatto il 27 gennaio, il 17 marzo, il 10 febbraio, e via così con una serie di date e ricorrenze che renderanno più o meno felici le parti implicate. Il tutto grazie a una mole di testimonianze, fotografiche, scritte, orali, spesso “scomoda” e difficile da catalogare e, purtroppo, ancor più spesso soggetta ad operazioni politicizzate di revisionismo storico (utile e necessario, ma spesso conseguente ad abusi dettati dalla bassa autostima degli individui di un partito o di un movimento religioso), di censura o, ancora peggio, di negazione.

Si legga attentamente: censura e negazione svolgono ruoli simili, ma quest’ultima è assai più grave. Se nel primo caso l’azione è volta a “nascondere”, “impedire la diffusione di…”, con la negazione si impone un “NO”, un’ombra sulla veridicità di una data informazione. La censura è stupida, inutile, dimentica che la parola fa sempre il suo corso, la negazione segue un meccanismo più raffinato e genera oblio.

Quanti, ancora oggi, gli “anniversari dimenticati”! Caduti nel buio della memoria più o meno volontariamente. Quanti, ancora oggi, i soprusi e i crimini rimasti impuniti! 0006f729-642Le Case Magdalene, le torture e il loro radicalismo religioso, la loro definitiva abolizione, rientrano in questa categoria (se le “cose dimenticate” ne hanno una). Qualcuno ne ha mai sentito parlare?

Nate nel XIX secolo in Irlanda e in Inghilterra, per volontà della Chiesa Cattolica, le Case Magdalene (il nome è un riferimento a Santa Maria Maddalena) avevano, in un primo momento, lo scopo di accogliere e riabilitare ex prostitute volontariamente ritiratesi dalle strade. Gli si prestavano cure mediche e gli si offriva la possibilità di apprendere un mestiere in grado di assicurargli un posto nella società.

Non ci volle molto perché queste nobili premesse venissero abbandonate, e perché queste case perdessero il loro valore di accoglienza divenendo degli istituti di isolamento per giovani ragazze considerate “immorali” o “troppo carine” per i pregiudizi della società dell’epoca.

Seguire una condotta “peccaminosa”, rimanere nubili, risultare troppo avvenenti, cadere vittime di uno stupro, comportava l’immediato internamento in questi centri. Spesso erano le famiglie stesse a richiederne l’ingresso, in modo da evitare di svergognarsi in quella che, di fatto, era considerata una società onesta e lavoratrice. Un’Irlanda che appare lontana, primitiva, ma erroneamente, giacché l’ultima Casa Magdalena è stata chiusa nel 1996.

…Quando iniziavi a svilupparti (fisicamente) ti mettevano un bustino con le spalline e lo stringevano molto forte.
Se una ragazza era carina, se aveva dei bei capelli glieli tagliavano, […] succedeva che a volte le ragazze si guardavano il proprio corpo, se una suora o una sorvegliante le sorprendeva, la portavano nell’ufficio per punirla. Dicevano che era peccato essere vanitose, che non bisognava far svolazzare i capelli, che era peccato guardare il proprio corpo. Questo era quello che le suore ci insegnavano.”

Queste le parole di Phyllis Valantine, per raccontare la sua esperienza nelle Case Magdalene. Poche parole, estratte da una Magdalen-asylum-englandben più ampia testimonianza contenuta nel documentario “Sex in a Cold Climate” di Steve Humphries. Valentine, come tante altre Maggies (così erano chiamate le donne segregate) sue coetanee, non poteva avere contatti con il mondo esterno e doveva lavare, per circa 15 ore al giorno, lenzuola ed abiti di esercito ed ospedali appartenenti allo Stato Irlandese. Il tutto per avere la sicurezza di un tetto e ricevere un po’ di cibo.

Tante le denunce fatte alla Chiesa Cattolica, tanti gli scrittori e gli autori cinematografici attivi in prima linea per raccontare la terribile sorte capitata a queste ragazze. Già dal 1993, quando iniziarono ad uscire “clandestinamente” i primi racconti e le prime testimonianze di abusi subiti all’interno di questi istituti, per continuare poi nel ’96, in particolar modo dopo il 25 settembre (data di chiusura dell’ultima Casa Magdalena), raggiungendo gran voce nel 2002 con il controverso film di Peter Mullan “Magdalene” (accolto con dure critiche e condanne da parte del Vaticano).

Il governo irlandese ha accettato, giusto l’anno scorso, di ripagare con 58.000.000 di sterline alcune ex lavoratrici delle Magdalene, definendo il fenomeno che le aveva schiavizzate una “vergogna nazionale”.

Ora, con le recenti richieste fatte dall’ONU al Vaticano di rendere pubblici i nomi dei sacerdoti sospetti e/o colpevoli di pedofilia, si ha esortato la Santa Sede a svolgere un’indagine parallela sulle lavanderie e sui bambini strappati alle madri segregate nelle Case. Ciò nonostante, ad oggi la Chiesa non ha ancora risposto all’invito dell’ONU, spesso negando l’effettiva fondatezza delle accuse ricevute.

E fra le tante date, ricorrenze, segnate sui nostri calendari, quella del 25 settembre 1996, ancora non riesce a trovare il suo posto, venendo spesso dimenticata o abilmente rimossa anche nei più sinceri sermoni di parrocchia e nella celebrazione delle festività dedicate alla donna e alle madri.

 

 

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